Odio.
Era puro odio, il suo.
Da almeno due mesi Filippo tornava a casa dopo una estenuante giornata di lavoro e invece di infilarsi pigiama e ciabatte doveva chinarsi dolorosamente sulle ginocchia e pulire il suo terrazzo. Sì, perché da due maledettissimi mesi una nuova famiglia si era trasferita nella villetta sottostante e aveva portato con sé una vera e propria infestazione! Un'infestazione di peli, miagolii e un odore nauseabondo di topi e uccellini morti... o almeno questo era ciò che immaginava fosse la vita con un gatto!
Filippo provava un fervente disprezzo per i gatti. Non riusciva a vederli, figurarsi toccarli... ma la sua casa... ah, la sua casa era come un tempio, così come il meraviglioso terrazzo che durante quei sette anni era riuscito a trasformare in un'oasi colorata di piante rare e gemme floreali di assoluta bellezza.
Lupin |
Ma certo, che stupido! Non s'era buttato! aveva immediatamente pensato Filippo <<Peccato!>> aggiunse ad alta voce.
Era sempre stato un cinico. Nulla delle normali carinerie convenzionali l'aveva mai toccato. Strafottente più d'ogni altro, egocentrico come pochi, doveva questo suo carattere alla sgradevole sensazione che lo investì quando suo padre lo abbandonò a due zii insopportabili, insegnandogli che l'amore per un figlio è solo una manovra di marketing per vendere giocattoli a Natale.
Ora, da adulto, non doveva dar conto a nessuno che parlasse, urlasse, gioisse o persino pensasse, men che meno miagolasse. La sua attenzione veniva attratta solo da denaro, design e perfezione.
In quel giorno però dovette amaramente ammettere a se stesso che la sua vita sarebbe cambiata!
Dopo più di otto settimane, a settembre inoltrato, era sfinito... la terrazza era stata completamente distrutta dalle quotidiane "visite" di Lupin - aveva deciso di dare un nome a quella bestiaccia, che gli ricordava il noto ladro di preziosi - il quale tornava di notte (in cerca di topi), di giorno (in cerca di uccelli) e di pomeriggio (probabilmente sperando di entrare in casa e trovare anche lì qualcosa di commestibile). Per giunta i suoi padroni - o almeno quelli che avrebbero dovuto tenerlo segregato in casa - sembrava non dessero peso alla cosa e addirittura una volta, minacciati di venir citati per danni, se ne lavarono le mani adducendo che il gatto fosse un randagio. Naturalmente mentivano, ma Filippo non avrebbe saputo come fare per dimostrare il contrario.
E così in un fresco pomeriggio, decise di mettere le scarpe da ginnastica e una tuta comoda, quindi, scala di corda e macchina fotografica alla mano, seguire quel pestifero felino cercando di appropriarsi del maggior numero di prove possibile.
L'attesa non fu lunga perché con fare guardingo Lupin cominciava ad aggirarsi nei pressi del rigoglioso giardino. Ci volle più di mezz'ora prima che decidesse che quella bella fetta di carne - lasciata a posta da Filippo a terra lì vicino - potesse essere sgraffignata e portata alla base. Ora bastava solo individuare quale fosse la base!
La presa del micio era salda sul cibo, uno sguardo tutt'intorno e via con un salto sul parapetto per lanciarsi velocemente dabbasso.
Il giovane aveva immortalato tutto il passaggio con la macchina fotografica. Ora si calava con la scala un metro e mezzo più in basso, nel terrazzo dove era sparito quell'essere peloso immondo. Pochi secondi e riusciva di nuovo a individuarlo. Infatti con nuova tranquillità il gatto si dirigeva verso un piccolo muretto nascosto che faceva da ponte comunicante con un altro palazzo, superando l'abitazione dei suoi vicini.
E' davvero un randagio! Diamine, non potrò fare causa a quei due stupidi! pensò Filippo, concludendo che sarebbe stato meglio aggiungere una rete al suo giardino, piuttosto.
Mentre faceva per tornare indietro - in fondo, era in piena proprietà privata, se l'avessero visto l'avrebbero arrestato! - si accorse che alla fine del muretto che stava percorrendo Lupin era stata sistemata una trappola nascosta, di quelle a scatto con punte acuminate di metallo (probabilmente posizionata lì dagli stessi vicini).
Musetto |
Lasciò cadere scala e fotocamera e prese a correre verso il gatto. Quest'ultimo si accorse in ritardo dell'arrivo del ragazzo e inaspettatamente ebbe un comportamento azzardato provando a difendersi saltandogli addosso. Fu per questo motivo che Filippo si ritrovò a scaraventarlo il più lontano possibile sul terrazzo opposto, fino a lasciare che si perdesse nel vuoto sottostante.
Era stata una bracciata istintiva.
Voleva aiutarlo.
Voleva solo aiutarlo, ma ora sudava freddo col cuore che gli martellava nel torace. Con due passi pesanti si portò dall'altra parte arrivando a dare un calcio a quella trappola metallica. Notò in un angolo la fetta di carne che poco prima Lupin aveva in bocca e poco distante vide il musetto nero di un gattino minuscolo spuntare da dietro una palizzata.
Gattino che probabilmente aspettava il suo papà.
Quel gatto ladro ricopriva nel migliore dei modi il ruolo di padre che da sempre il suo aveva rifuggito.
Quel gatto ladro rubava per sfamare il suo cucciolo.
Quel gatto ladro forse era una femmina.
Quel gatto ladro non gli era saltato addosso per difendersi, ma per difendere il suo cucciolo.
Quel gatto ladro ora non c'era più e lui stesso l'aveva ucciso.
Una statua di sale.
Chiunque avesse potuto guardarlo in quel momento, avrebbe certamente colto il terrore in volto al giovane. Con movimenti meccanici e lenti raccolse la fetta di carne, la porse al gattino in modo da avvicinarlo e lo afferrò per la collottola. Se lo mise nella felpa e tornò a casa, senza nemmeno curarsi di affacciarsi per cercare Lupin.
Ci vollero sei intere settimane per scuotere l'ormai non più cinico giovane da quel torpore misto a panico e senso di colpa; sei settimane di forzata routine; sei settimane a sfamare, riscaldare, curare e accudire il piccolo Musetto. Il cuore s'era schiuso ed aveva riversato in quell'esserino tutta l'umanità che fino a quel momento era stata negata a tutto il resto del mondo. Dopo sei settimane di dolore, sei settimane di miagolii e fusa inaspettate, sei settimane di incondizionato affetto immeritato, Filippo finalmente tornava a sorridere.
Un gatto a macchie bianche e nere col muso a papillon sbucava dal terrazzo del piano di sotto. Zoppicando, faceva cadere un vaso a terra e in due passi il suo riflesso si specchiava nuovamente nelle pupille lucide di un giovane rinato.
NOTA: I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi raccontati sono frutto della fantasia dell'autrice, pertanto eventuali riferimenti a fatti e/o persone è puramente casuale. Le fotografie adoperate per dare un volto a Lupin e Musetto sono state deliberatamente prelevate da internet - I'm 'feline' good board su Pinterest - in quanto libere da copyright. Chiunque ritenesse di esserne il proprietario intellettuale è pregato di inviare una email a netempoliberofaccioilgatto@gmail.con richiedendone la rimozione. Come da disclaimer presente in "True Feline good Blog" è vietata ogni riproduzione totale o parziale dei testi presenti in queste pagine previa richiesta all'autore stesso.