Avete mai pensato a cosa fareste se poteste trascorrere una giornata da gatto? Tanti di noi gattofili, ammirando i nostri affascinanti, eleganti e sornioni felini, avremo pensato più di una volta "come vorrei rinascere gatto!" o qualcosa di simile. Ebbene, facciamo un gioco: immaginate di potervi trasformare in un gatto e di poter vivere una giornata intera su quei morbidi cuscinetti felpati. Come vedreste il mondo? E cosa vi piacerebbe fare? Raccontateci la vostra idea! Intanto, io ci ho pensato... ed ecco, la mia giornata da gatto la trascorrerei così!
Anzitutto: un gatto rosso, inevitabilmente. Se fossi un gatto non potrei essere altro che un gatto rosso, con due occhioni verdi. Se la mia immaginazione fosse troppo snob e stereotipata, allora diciamo pure che sarei un gatto bianco e rosso, che fa più "normale micio di casa", senza alcuna pretesa di nobiltà. Sarei ben in carne, su questo non ho dubbi, con un bel mantello folto e lucido, la coda arcuata e le zampine pulite, pulitissime, come solo i gatti sanno tenere, nonostante calpestino terra, pavimento e tutto il mondo a loro conosciuto, ogni giorno.
A proposito di giorno, sarà bene che inizi a parlarne di queste 24 ore da felino! Ecco: la mia giornata inizierebbe in un limpido mattino di fine ottobre, in una casa accogliente ma non troppo grande, dove la notte precedente i termosifoni sono già stati accesi per riscaldarsi dai primi freddi. Mi sveglierei - puntualmente, qualche istante prima della sveglia degli umani - acciambellata in fondo ai piedi dei miei famigliari, sulla coperta tiepida di sonno. Mi stiracchierei con soddisfazione e mi avvierei, con calma e sicurezza, verso i visi dei miei compagni umani, per svegliarli con i miei baffi e le mie testatine: che giornata da gatto sarebbe, se non potessi iniziarla con le coccole?
Non appena fossero tutti in piedi, reclamerei a gran voce la mia colazione: immagino che vorrei qualcosa al tonno, magari crocchette. E poi via: fuori casa, ad esplorare il mio giardino, fino al limitare del bosco... non ve l'ho detto? E' fine ottobre e abito in una casa in collina, vicino a un boschetto: si sentono cadere le ultime castagne, in mezzo a un sacco di ricci vuoti. Nel fitto degli alberi mi avventurerei raramente: giusto qualche metro di esplorazione, per sfuggire agli sguardi umani... un gatto ha pur bisogno di un momento per la propria indipendenza e dimensione selvaggia, al di là delle comodità offerte dagli uomini!
E così inizierei il mio giro di perlustrazione nel giardino, godendo dei miei affinati sensi: annuserei con circospezione ogni angolo, fiuterei l'aria autunnale in cerca di segnali odorosi che possano darmi qualche informazione interessante, tenderei le orecchie per cogliere perfino il rumore del volo delle ultime farfalle.
Qui - lo annuso con chiarezza! - è passato un riccio, si sente ancora la traccia... oh appunto, eccolo là, proprio sotto il cespuglio, addormentato! Si è costruito una tana tra le foglie ed i rametti: vorrà passare l'inverno qui, in letargo. Nessun problema, per me: i ricci non mi preoccupano.
Il giro continua tra le foglie secche, composito tappeto multicolore sull'erba umida; sotto un grande tiglio scorgo una montagnola di terra smossa e fine, ancora fresca. L'odore è irresistibile: una talpa! Mi accovaccio proprio lì vicino, con tutti i sensi tesi al massimo: udito, olfatto, vista. Voglio essere pronta, per scattare non appena si muoverà qualcosa; voglio essere spietata ed efficiente come una macchina progettata per l'agguato e l'uccisione. Voglio esserlo perché in questo momento, ubriaca dell'odore della talpa e delle circostanze selvagge (proprio ad un passo da casa mia!), non penso ad altro: a parlare è l'istinto più antico che possiedo, quello che ancora conservo nonostante l'addomesticamento.
Passa del tempo, quanto non saprei dirlo, né mi interessa più, finalmente. Sono qui, vivo intensamente nel presente e solo questo mi importa, perché è tutto quello che occorre per fare le cose bene, per vivere al meglio una giornata ed in particolare questa. Passa del tempo e le mie zampette pulite si sono bagnate nell'erba, la terra umida e fredda d'autunno ha raffreddato anche i miei cuscinetti rosa, la mia coda si sta inzaccherando più di quanto mi piaccia. Il sole è ormai alto nel cielo, in lontananza odo con chiarezza un enorme chiacchiericcio fastidioso, insistente e concitato, di non so quali uccellini, tutti radunati sui fili della corrente, pronti per "un Grande Volo". Chissà di cosa staranno parlando? Fatto sta che la talpa non si vede. Che avverta la mia presenza in qualche modo o si sia addormentata?
Sbadiglio, improvvisamente ho così sonno che trovo insopportabile l'idea di poter tenere gli occhi aperti ancora per più di un minuto. Mi scuoto, cammino con calma ma decisione verso il marciapiede e mi stendo ai raggi del sole ottobrino, dolce e dorato come miele, che scalda la mia pelliccia umida, i miei muscoli intirizziti. Socchiudo gli occhi, abbandono le membra e... mi addormento.
Il sonno è lungo ma leggero, intervallato da rumori famigliari che vengono dal giardino e dalla casa, popolato da fugaci immagini oniriche: carezze umane e topi da cacciare, calore di caminetti accessi e raggi di sole, fruscii di vento e d'ali d'uccello, crocchette al tonno per cui miagolare... ed ecco, appunto, che la consapevolezza di avere fame mi sveglia! Mi stiro di nuovo, mi lecco distrattamente la punta della coda: sento la necessità di pulirmi, ma prima ancora viene il cibo. Miagolo alla porta imperativamente e poco dopo sento passi avvicinarsi: meno male che questi umani hanno un buon udito e non mi ignorano!
Eccomi in casa, mi dirigo spedita verso la ciotola, seguita dalla mia compagna umana che - per fortuna - pare sapere quasi sempre cosa voglio. Ecco infatti un promettente rumore di latta che si apre, e si diffonde immediatamente un odore di pollo che mi mette l'acquolina in bocca. Divoro tutto con l'urgenza di un affamato dopo ore ed ore di digiuno, con il gusto di chi apprezza al meglio il suo pasto perché giunge proprio a soddisfare l'appetito.
La ciotola è pulita... e la luce è cambiata. Se non fossi un gatto potrei anche chiedermi che ore sono, ma che importa? Il tempo non mi appartiene, ma soprattutto... io non appartengo al tempo.
Mi avvio pigramente verso la stanza dove c'è un grande divano e mi stendo sul pavimento fresco: dopo aver dormito tanto a lungo al sole, è così piacevole il contrasto di temperatura. Inizio a leccarmi il mantello con cura, insistendo di più tra le dita felpate, sulla schiena, alla base della coda. Mi pulisco e mi liscio con dedizione anche il musetto: passo la zampa dietro le orecchie più e più volte, con convinzione. Sento qualcuno nella stanza che dice "il gatto prevede pioggia!" e, se sapessi farlo, ne sorriderei, perché se pioverà sarà solo un caso.
Però in effetti c'era qualcosa di diverso, là in giardino: una brezza di vento più capricciosa del solito, l'agitazione e il tumulto degli uccellini, il riccio addormentato. Qualcosa sta per cambiare. Mentre mi lecco e continuo la mia pulizia, arriva il mio compagno umano a coccolarmi: per qualche istante resto indecisa se essere seccata perché con le sue coccole mi scombina il mantello già pulito... ma basta pochissimo per farmi rilassare e sciogliere senza remore; dalla gola sento una vibrazione che si diffonde per tutto il mio corpo e lo fa risuonare su una frequenza che sa di casa, di affetto, di morbidezza, di sicurezza. La sensazione migliore del mondo: l'amore materno, l'amore di una famiglia nella quale sentirsi accolti e benvoluti. Il volto dell'uomo alle mie fusa si apre in un sorriso affettuoso, in un'espressione di gioia bambina e in quel momento - anche se io sono un gatto e non dovrei notarlo - lui sembra essere sollevato da tutte le preoccupazioni quotidiane. Sono solo pochi minuti, quando poi mi saluta con un'ultima grattatina sulla testa, ma se ne va rinfrancato.
Le mie fusa continuano ancora per qualche istante, poi decido di averne abbastanza del pavimento e mi sposto sul divano, dove continuo la mia pulizia: devo ricominciare daccapo, praticamente!
Fuori intanto alcune nuvole coprono il sole, la luce nella stanza cambia, le mie pupille si dilatano per cogliere ogni piccolo e prezioso bagliore, sento l'alzarsi di un vento di tempesta che mi agita sottilmente. Poco dopo - o forse molto, chi lo sa? - inizia a piovere: io me ne accorgo prima degli altri, ovviamente, perché le mie orecchie sentono subito le prime stille di pioggia sul tetto, sulle foglie rosse e sul boschetto. Mi rilasso e cado addormentata, di nuovo, perché quando fuori piove e la natura si chiude nel riposo della fredda stagione, in fondo noi dovremmo poter fare lo stesso.
Mi risveglio con il buio: questa volta ho dormito davvero profondamente, non mi sono accorta di nulla! I termosifoni sono di nuovo accesi, dalla cucina vengono voci, profumi e rumori di piatti, pentole e bicchieri. Che sia già ora di cena? Non ho fame, ma devo assolutamente andare a vedere se stia accadendo qualcosa di interessante, in mia assenza, poi!
Giungo trottando con la coda dritta e incurvata giusto alla fine, il musetto alzato verso il tavolo dove sono seduti i miei famigliari umani che, intenti nella loro cena, mi salutano con una carezza veloce. Che cosa mangiano? Mah, gli odori potrebbero essere anche promettenti, ma non riesco a decidermi se facciano proprio al caso mio: non mi pare di sentire pollo, né tonno. Mi siedo quindi a fianco delle loro sedie, quietamente, godendo semplicemente di essere in un ambiente accogliente e conosciuto, dove so di essere al sicuro e dove, basterebbe un mio miagolio, sarei accontentata. Do un'occhiata al forno acceso: vedo qualcosa di arancione che si sta cuocendo, sento un profumo dolciastro che mi lascia indifferente. Se non fossi un gatto, saprei che si tratta di zucca.
Improvvisamente mi torna la voglia di spaparanzarmi sul divano e torno con calma là, ad acciambellarmi: la serata mi mette sonno. Poco dopo - o forse molto, chi lo sa? - mi raggiungono i miei due umani, che mi sollevano delicatamente per poi stendermi sopra le loro ginocchia: sono sempre tiepidi, rispetto a me. Non avranno freddo? Mi lascio coccolare in tutti i modi possibili, facendo "la pasta" sulle ginocchia dei miei umani, mentre il buio si fa azzurrino alla luce della televisione.
La fame arriva improvvisa e così mi alzo ronfando, interrompendo le coccole. Miagolo senza troppa energia: so che hanno già capito. Infatti la mia compagna umana mi accompagna in cucina - sono io che seguo lei, o viceversa? - e mi distribuisce nella ciotola una generosa porzione di crocchette al tonno, che mangio di gusto. Quando ho finito, resto in cucina un po', a riflettere sui rumori della casa e del giardino. La mia giornata da gatto sta per finire e l'ho trascorsa esattamente come volevo: assecondando semplicemente il mio essere, attimo dopo attimo, in quella rara libertà di cui gli esseri umani così poco riescono ad approfittare. E forse, hanno perfino dimenticato che è possibile farlo, qualche volta. Ma di che mi preoccupo io? In fondo sono solo un gatto, per oggi.
Allora seguo a ruota i miei umani, che stanno salendo le scale dopo aver spento la tv: è già ora di dormire, per loro! Corro sulle scale nel semi-serio tentativo di farli inciampare, sentendomi improvvisamente piena di energie e giocosa: come vorrei che si mettessero a inseguirmi per la casa, divertendosi con me! Invece sono così seri e prevedibili che fanno semplicemente i loro rituali notturni: in bagno, poi in camera da letto. Io resto sulle scale per un po', giocando con un malcapitato ragno che si stava facendo la tela sulla ringhiera.
A un certo punto le luci si spengono, la casa si immerge nel buio e nel silenzio, ma io non mi sono mai sentita così viva. Scendo le scale senza fare il minimo rumore, mi oriento alla perfezione e riesco a vedere comunque molto bene i contorni degli oggetti: la notte è mia amica. Se non piovesse, vorrei uscire per esplorare il bosco, senza pensare ai pericoli, al freddo e agli imprevisti che potrebbero minacciarmi. Per un momento mi sento di nuovo come questa mattina, durante la caccia: selvatica e libera. Se qualcuno mi osservasse, in questo momento, vedrebbe un gatto fiero e concentrato, nel bel mezzo di una stanza buia, mentre si sente padrone del mondo, del suo mondo intero.
A un certo punto la smania passa e si fa più pressante il richiamo del calore del letto: risalgo le scale con le zampe felpate, entro nella camera da letto dei miei umani - dove loro respirano già pesantemente - balzo senza un suono sulla coperta ai loro piedi. Mi accoccolo girando un pochino sul posto, prima di trovare la posizione giusta, e mi preparo a dormire. I miei occhi catarifrangenti catturano per un istante un bagliore di luce. Chissà cos'era? Non me ne curo, e mi addormento poco dopo, al termine di questa intensa giornata da gatto.
Fuori piove ancora, nella notte ottobrina.